Nella sua carriera da art director viene insignito di oltre 500 premi nazionali e internazionali, ma per raccontare il suo lato artistico non è possibile prescindere dall’uomo con tutte le sue nevrosi e le sue insicurezze in un corollario di aforismi che, nell’ironia della sua essenza, tracciano inequivocabilmente la personalità di Lorenzo Marini come entità capace di generare un microcosmo che riassume in sé il clima degli anni della creatività comunicativa. Nelle sue opere è possibile intravedere una sottocultura fatta di arte, pubblicità, musica legate insieme dall’amore per la comunicazione.
Marini ha fatto della provocazione e dell’ironia il suo modus operandi, creando una vera e propria filosofia artistica, una genialità compositiva costruita attorno al concetto di artista, termine che nei suoi confronti appare riduttivo, perché Lorenzo Marini è in primis un “Creatore”
Il tuo primo contatto con l’arte?
In Italia è impossibile descrivere il primo contatto con l’arte, perché tutto attorno a noi e arte. Dal modo di vivere, alla cultura che abbiamo nel DNA, alla sedimentazione della nostra storia. C’è una sola cosa che manca in Italia. L’insegnamento della storia dell’arte dalla prima elementare. Sarebbe un caso unico al mondo. E credo anche molto interessante.
Quando hai capito che l’arte sarebbe diventata da passione a professione?
L’arte è una forma di amore. Quindi non può mai diventare una professione. Diventa un mestiere quando smetti di essere innamorato. Da questo punto di vista non può esistere professione senza passione.
Un artista non innamorato è un mercenario con un sasso al posto del cuore.
La tua prima opera?
Ho sempre disegnato. Dalle scuole inferiori in su. Ho fatto il liceo artistico poi Accademia e Architettura assieme, è molto difficile stabilire l’inizio del vento, o disegnare la fine del mare nelle carte geografiche.
Non so cosa voglia dire opera. Però facendo il lavoro della comunicazione e del graphic design di notte lavoravo con gli spazi bianchi, e con le mappatura e le texture dei vari bianchi, come delle architetture del creato. L’ho fatto per vent’anni, senza mostrare nessuna opera a nessun amico. Non volevo vendere niente. Volevo solo collezionare attimi.
Un aneddoto che ricordi con il sorriso ?
Ogni volta che mi alzo e bevo il caffè americano. Cerco di vivere con il sorriso sempre. Sorrido ogni volta che la gente al semaforo rosso si innervosisce, perché penso alla stupidità dell’uomo che è contento solo quando il semaforo è verde. Dimentico della dualità del mondo, l’uomo medio non capisce che il sole presuppone la pioggia, il caldo presuppone il freddo, le montagne presuppongono le valli.
Se potessi incontrare un artista del passato, chi e cosa gli chiederesti?
Se potessi incontrare un artista del passato mi piacerebbe incontrare Rembrandt. Avrei solo una domanda da fargli: ma come cazzo fai?
Quest’uomo dipinge le anime. Quindi deve conoscere in qualche modo l’eternità.
Se incontrassi te stesso a 18 anni cosa ti consiglieresti?
Raramente do consigli agli altri, figurati a me stesso. Però se potessi rassicurarmi di qualcosa lo farei dicendo che più passa il tempo più puoi tornare il bambino.
Cos’è per te l’arte?
È la sublimazione di ciò che non serve. Una giacca non potrà mai essere un pezzo d’arte perché è necessaria. Un pezzo d’arte è superfluo meraviglioso.Per me è l’espressione del pensiero, è la radice della vita, non il suo frutto.